Il Papa è stato invitato dal Rettore dell'Università "La Sapienza" di Roma in occasione dell'apertura dell'anno accademico. Non è il primo Papa insignito di tale compito, i suoi due principali predecessori dal dopo guerra Paolo VI e Giovanni Paolo II avevano già avuto occasione di presenziare in quella che è la principale fabbrica di saperi di Roma, città del papato e di cui il Papa è vescovo.
In quest'occasione si è inceppato qualcosa. La progressiva intromissione di vincoli religiosi in tematiche sociali (omosessualità, matrimoni di fatto, aborto) e scientifiche (sperimentazione mediante utilizzo di cellule staminali, procreazione in vitreo, teoria evoluzionistica) ha costretto un gruppo di professori della Facoltà di Fisica a scrivere una lettera al Rettore in cui si affermava l'inopportunità della presenza di Ratzinger in un contesto scientifico, moltissimi studenti hanno amplificato la richiesta con iniziative di disturbo e di opposizione alla visita. Il Papa rinuncia adducendo a motivazioni precauzionali in tema di sicurezza per un possibile prestigio infranto nei confronti di una tunica bianca che bianca si prefigge di restare in ogni dove appaia.
Scattano le reazioni, tutte decise, tutte unilaterali: il fatto costituisce una gravissima violazione della libertà di espressione essenziale in un dibattito democratico. Rifondazione Comunista balbetta che tutti hanno diritto di parola. Vengono chiamati in causa potenziali difensori d'ufficio dei contestatori come Dario Fo ed Adriano Sofri ma la musica non cambia, una massa informe prende le sembianze di un'unica scudisciata contro chi si oppone alla visita papale.
Una considerazione: il Papa non veniva a dialogare con nessuno, veniva semplicemente a leggere un discorso in Aula Magna ad un centinaio di auditori filtratissimi ed accondiscenti. In pratica veniva ad assumere le solite sembianze di infallibilità dialettica di medievale memoria senza alcuna possibilità di replica o di confronto (quel confronto democratico che adesso sventolano come una conquista imprescindibile).
Che il Papa sia un figura insignita da Gesù Cristo di essere il proprio Vicario in terra e che il suo verbo sia per questo incontestabile ed infallibile rientra nella logica dei credenti (non del popolo tutto) ed io personalmente non mi sento di impedirlo, ma questo verbo che ogni Domenica da un pulpito incontestabile condanna il progresso scientifico in quanto abisso di relativismo morale e preme affinchè leggi dello Stato ne minino la libertà si espone per forza a possibili opposizioni che solitamente rimangono supine, destituite dal "sentire comune" politico-mediatico, ma che giocando in casa trovano il coraggio di innalzarsi a volontà.
Volontà di opposizione a chi senza autorità condanna e non presta orecchio a qualsivoglia risposta, volontà di contestazione a chi si innalza incontestabile, volontà di impedire la presenza di un manto bianco dalla dialettica insormontabile in un luogo metaforicamente gravido di sapere, di scoperte, di dubbi.
Maschi magri, maschi grassi e maschi grassissimi (comunque un pulpito totalmente maschile) si contendono le platee cimentandosi in gravose riflessioni sull'aborto e sulla sua dichiarata vocazione omicidia. Divampano le dichiarazioni in formato tg del tipo "omicidio perfetto", "colpire i più deboli di tutti" e addirittura in un telegiornale (la7) nazionale un giovane dalla sguardo pecuro: "quando ero embrione non mi avrebbe fatto piacere -essere abortito-".
L'incapacità o la non volontà da parte del sistema mediatico di accompagnare questi giudizi personali da una riflessione del tipo: "Una cosa sono le disquisizioni sull'aborto un'altra la possibilità per una donna, in una democrazia matura, di abortire o no" è lampante.
Ed è lampante anche la totale latitanza culturale dei partiti "de sinistra" che neanche trovano le parole per contrastare un'avanzata retrograda di tale portata.
La novità che vorrei sottolineare è che la forza procreatrice di questo dibattito non è da cercare negli organismi ecclesiastici (da cui è comunque avallata) ma da una figura controversa come Giuliano Ferrara che, dopo un passato in vari ambiti di sinistra ed un presente da berlusconianopseudoclericalevicinoalleposizionidiveltroni, accusa un vuoto pneumatico di senso che non sa come colmare.
Mi spiego meglio: Ferrara è unto e ciccione e non condivido quasi nulla di quello che dice ma è sicuramente una persona di un certo spessore intellettuale, uno dei principali portavoce del potere costituito che (al contrario di molti) attorcigliandosi sulle parole mostra una spiccata consapevolezza della realtà. Inserito in una politica ormai completamente esautorata da qualsiasi potere (quindi da qualsiasi rappresentanza) e puramente ridotta a mero strumento attuativo degli interessi dei grandi gangli economici, si ritrova in un mondo in cui le decise opinioni di cui riempiva il suo ego ed il suo labile credo non hanno più alcun significato; il vedere quotidianamente arrabattarsi politici di destra e sinistra senza che nessumo di questi mostri una propria linearità o quantomeno un proprio profilo lo hanno spinto in una crociata totalmente pregiudiziale, lo hanno spinto a trovare un senso al di là dei criteri della rappresentanza andando a parare su di un tema assolutamente pretestuoso.
E' la spasmodica ricerca di contenuti che muove un potente giornalista intelligente a cercare altro, e puntale si accodano dichiarazioni qua e là per Montecitorio e Palazzo Madama di politici che si accavallano per esprimere anche loro su un giudizio che il loro subconscio suggerisce "di contenuto". Perchè nessuno parla di riforme del mercato del lavoro o di Welfare che permettano ad una 24enne di avere una stabilità tale da non essre costretta ad abortire? Perchè è una decisione che non dipende da loro
Mi avvalgo quindi di questo dibattito non per entrarne nel merito ma per sottolineare come sia ormai chiaro che questa rappresentanza non ha più senso di essere. Il problema è mondiale, noi per fortuna siamo in Italia dove è tutto è più grossolano e quindi esplicito.