venerdì 19 ottobre 2007

Euro e Dollaro


1,4360. Per comprare un euro occorono 1,4360 dollari. Funziona come un chilo di zucchine: se aumentano le persone che comprano zucchine allora chi le vende ne aumenterà il prezzo, questo avviene perchè è consapevole che i consumatori spenderanno di più (visto che sono aumentati di numero e le zucchine sono sempre le stesse).
Ogni moneta ha un prezzo. Le banche centrali che stampano soldi (La Fed per i dollari in America e la Bce per gli euro in Europa) quando le immettono nel sistema hanno un tasso d'interesse di riferimento (tra l'1% e il 4%, solitamente). Se quel tasso d'interesse è maggiore in Europa che in America i consumatori (gli operatori finanziari che acquistano e vendono titoli di credito in tutto il mondo) avranno più convenienza a comprare titoli con una moneta che rende di più, in questo caso l'euro. Se aumentano i consumatori che comprano euro, aumenta il prezzo dell'euro, esattamente come le zucchine, perchè sono aumentati di numero e la quantità di euro in circolazione è rimasta la stessa.
Sta di fatto che l'euro sta diventando sempre più caro del dollaro, in questi giorni è arrivato al suo record storico, cioè: non è mai stato così alto il valore di un euro rispetto al valore di un dollaro.

I telegiornali (tutti) ed i giornali (sicuramente il Corriere della Sera e La Repubblica) affrontano questo argomento in questi termini:
Benefici: sarà più conveniente viaggiare negli Stati Uniti (servizi su turisti italiani a New York felici di pernottare a 200 euro a notte anzichè 250)
Costi: diminuiscono le esportazioni, e quindi la produzione industriale italiana, cosa che porterà ad una netta diminuzione delle entrate e metterà sulla graticola migliaia di aziende con pesanti conseguenze per i lavoratori.

Cosa può pensare chi ascolta la notizia in questi termini? faccio un'ipotesi: "per colpa di questo dannato euro stiamo diventando tutti più poveri, sai che me ne frega di risparmiare 50 euro a New York (dove probabilmente non andrò mai)."

Ma la realtà è ben diversa da questa.

Se aumentano i problemi ad esportare vuol dire che aumentano i benefici ad importare, inoltre comprare aumenta l'afflusso di capitali stranieri destinati alle imprese italia, con conseguenti aumenti della produttività.
Considerando che l'Italia importa quasi la totalità del proprio fabbisogno di idrocarburi (petrolio e carbone) il risparmio in termini di costi di produzione (energia per le imprese, benzina per gli automobilisti, elettricità, gas,...) non è mai stato così favorevole a parità degli altri principali costi (lavoro e moneta), ma ammettere questo a livello televisivo provocherebbe una insana domanda da parte dei consumatori, faccio un'altra ipotesi: "perchè se diminuiscono i costi non diminuiscono i prezzi? Perchè non diminuisce la benzina? Perchè stanno notevolmente aumentando (5-10%) le tariffe di luce e gas?"

Conclusione: omettere i reali benefici di un euro forte costituisce una chiara volontà di fornire alibi inesistenti ai grandi gruppi industriali e bancari che possono aumentare i prezzi (e gli interessi per le banche) nello stesso momento in cui si riducono i costi, questa omissione è volontaria e dolosa e costituisce un'ulteriore conferma di come il sistema mediatico faccia unicamente gli interessi del potere economico.

sabato 15 settembre 2007

La Famiglia II


"La discontinuità della nostra vita è causa ed effetto della discontinuità dei nostri sentimenti" scrive Baumann in Amore liquido. L'analisi dell'autore si focalizza dunque sul rapporto tra la nostra vita operativa, inserita in un determinato contesto storico-economico e la nostra vita sentimentale.
La spevantosa precareità derivante dai continui flussi di domanda ed offerta del mercato mondiale mette alla prova la reattività delle aziende che riversano tale insicurezza sui lavoratori richiedendo un continuo sforzo di reinterpretazione delle proprie valutazioni, della propria attività, delle proprie sicurezze, delle proprie relazioni.
Questa logica di mercato fa perno su due principi: flessibilità per l'io-produttore (per adeguarsi meglio alle fluttazioni globali) e sicurezza per l'io-consumatore (devozione alle marche ed individuazione del proprio status attraverso l'acquisto). Il modello esistenziale che adempie al meglio queste due distinte pretese è quello del single. Qui la parola "single" non è solo da intendersi come persona che prescinde da un rapporto di coppia duraturo e coinvolgente ma persona che antepone la propria individualità operativa a quella delle relazioni sociali intime, relazioni tipicamente costruttive. Il ritmo del proprio agire si riversa e detta i tempi alla propria vita sentimentale.
Il single è flessibile nelle sue esigenze locative e lavorative perchè mette la propria gratificazione personale davanti a tutto, e proprio per questa stessa ragione è pronto ad assecondare ogni suo impulso edonistico diventando un consumatore assiduo ed eclettico. Ma la flessibilità e la spaesatezza emotiva che ne deriva piuttosto che sentore di consapevolezza è un dispositivo essenziale nelle mani dell'organizzazione del lavoro postfordista
Come per la famiglia in un paesaggio suburbano nel modello fordista, nel modello post fordista la biopolitica inscena un volano mediatico (si noti rispetto al precedente post la linea di demarcazione riconducibile al1990).
Beverly Hills 1990-2000, Friends 1994-2004, Sex and the City 1998-2004, Will & Grace 1998-2006, Desperate Housewives 2004-2007, Ally McBeal 1997-2004, The O.C. 2003-2007 indicano chiaramente come il perseguimento di un particolare modello di relazioni interpersonali, quello del single, sia la strada che riesce meglio a configurare la propria esistenza secondo i propri strettissimi bisogni. Non che non ci siano profonde apologie all'amore o ad amicizie fraterne, suggellate dal fatto che persistono (anche se nettamente in minoranza) serial di stampo familiare, ma il messaggio portante è la centralità dell'individuo rispetto alla cosa comune.
Con questo non intendo sostenere che l'uomo sia in sè cambiato, ma che certe sue peculiarità siano stimolate e risaltate così da standardizzare la sua produttività e la sua indoole consumistica: indipendenza quando si produce, dipendenza quando si consuma.

giovedì 30 agosto 2007

La Famiglia I

Una delle parole chiavi in questo momento è "lafamiglia". Non voglio entrare nel merito delle monumentali e ormai noiosissime contraddizioni di una classe politica che si prodiga a fianco de "lafamiglia" quando non è impegnata a votare leggi sulla precareità, che comportano una forma di dipendenza succube dei figli nei confronti dei padri fino ai 40 anni, o quando non presenzia ai processi dei vari divorzi della loro "lafamiglia".
Vorrei parlare di come negli ultimi anni sia cambiata l'immagine del nucleo familiare venduto dall'assetto mediatico.
Negli anni '20 vari sociologi a libro paga delle maggiori imprese statunitensi avevano osservato come il paesaggio suburbano fosse il luogo ideale per plasmare quotidianamente il consumatore tipo. I vari bisogni che derivavano da quel tipo di vita erano perfettamente compatibili con il flusso produttivo corrente, quello fordista. Da quegli anni si innescava naturalmente l'apparato biopolitico che suggellava, mediante film, pubblicità, televisione e codice civile il sentore di autorealizzazione della classe media all'interno di un particolare ambiente urbano.

Happy Days 1974-1984, Family Ties (Casa Keaton) 1982-1989, The Robinson 1984-1992, Alf 1986-90,
The fresh prince of Bel-Air 1990-1996, The Jefferson 1975-1985, Diff'rent Strokes 1978-1986, Family Matters (Otto sotto un tetto) 1989-1998, Growing pains (Gentori in Blue Jeans) 1985-1992.
Risulta evidente come fino agli albori degli anni '90 le sit-com americane, forse il maggior referente sociologico in occidente, abbiano usato come perno della narrazione il nucleo familiare. Il paesaggio suburbano è compiuto: la centralità della famiglia rispetto agli altri personaggi che vi gravitano attorno è legittimata dal dispiegamento di metri quadri e di oggettistica, i figli hanno interessi poliedrici, il contrasto verte su nuovi incontri e su acquisti e la camera fissa inquadra una vasta serie di ellettrodomestici.
Sembra il modello consumistico ideale eppure qualcosa cambia. Il consumatore, infatti, deve essere aggiornato ai modelli di flessibilità vigenti, modelli che hanno una matrice sia occupazionale che sentimentale: il single.
La proporzione è questa: l'economia di scala sta alla famiglia tradizionale come l'economia post-fordista sta al single metropolitano. In altre parole la sicurezza occupazionale che si riversa nella stabilità della famiglia non è più un valore da decantare perchè è sostuito dalla flessibilità del posto di lavoro che si riversa nella precarietà dell'allocazione e dei sentimenti.

Come detto la biopolitica ha lo scopo di legittimare l'attuale assetto produttivo e di giustificarne le derive più scomode ed alienanti. Nel prossimo post analizzarò le peculiarità della nuova frontiera delle sit-com, quelle dal 1995 in poi, così da chiudere il cerchio.

giovedì 23 agosto 2007

Il campo di battaglia II

L’imprevedibilità che fa di un essere umano un uomo si vede così mortificata e si raccolgono le nostre membra esautorate da ogni significato per triturarle in un circolo di prevedibilità che nessun regime dispotico della storia aveva mai sognato di avverare.

Dove prima era la disciplina, ora vi è il controllo. Dove prima erano le catene, ora vi sono i mezzi di comunicazione massificati. Dove prima era la fede o altri meccanismi di norma sociale, ora vi è il linguaggio.

Il linguaggio è la forma più diretta di esternazione di sé e diversificazione, ora il linguaggio si insinua nelle nostre case e in poco tempo comincia a far parte di noi stessi molto più di qualsiasi altra cosa che ci appartiene. Il linguaggio plastificato e posticcio ma duro come catene indistruttibili, dalla nostra capacità di comunicazione penetra nella nostra capacità di percezione. L’omologazione è sì fatta e porta in sé il germe che conferisce la possibilità di trasmissione alla generazione successiva.

Ma è soltanto una possibilità, non una necessità, su questo campo di battaglia non può non esserci lotta.

mercoledì 22 agosto 2007

Il campo di battaglia I

Il campo di battaglia in questo furioso divenire non può non essere la lotta contro l’omologazione delle percezioni. Il capitale, tramite meccanismi di verità indotta, mira al controllo fisico, attraverso il diritto, e soprattutto mentale, attraverso le ridondanza mass mediatica, delle persone al fine ultimo dell’accumulazione capitalistica.

Si inscena così la biopolitica, meccanismo di compenetrazione del sistema di produzione nell’io più recondito dell’individuo, finalizzato alla standardizzazione dell’animo umano. Tale standardizzazione consente di conformare l’agire a modelli di marketing che permettono un risposta cognitiva e comportamentale certa, in questo modo è possibile prevedere la redditività della forma più ingente di investimenti, quelli inerenti alla pubblicità, alla propaganda. Il fine ultimo è come detto l’accumulazione capitalistica.

L’accumulazione è l’unico vero avamposto per il perdurare del sistema di produzione tecnica e quindi di riproduzione sociale il quale si evolve raffinando nuove possibilità di sfruttamento grazie al volano offerto da politiche economiche dei governi progressivamente più compiacenti poichè perfettamente inglobate nell’attuazione della biopolitica.

In quanto finalizzata alla riproduzione del sistema nel periodo economico successivo, questa omologazione percettiva si spande in ogni luogo dove l’uomo ha l’ardire di insinuare la sua personalità, il suo desiderio di immaginazione, i suoi sogni, i suoi ricordi e lo riduce a mero consumatore, utente, elettore, produttore, in breve ad un dispositivo di riproduzione sociale.

martedì 21 agosto 2007

Basi

Per prima cosa le basi, o almeno quelle che penso possano essere le basi.
L'Economia ha svariate definizioni, quelle più in voga non sono certo pensate da chi sta dalla parte sbagliata della barricata, infatti si parla di Economia come "scienza che studia le decisioni razionali in un contesto di scarsità di tempo e di risorse". Piuttosto pessimistica come ipotesi, diciamo che sembra essere una maledizione scagliata dopo la cacciata dall'Eden, manca solo la constatazione che le donne partoriranno con dolore. E proprio perchè razionale voglio essere pure io sarebbe interessante far partire la trattazione proprio dalla cacciata dall'Eden.
Adamo ed Eva preferiscono sapere la differenza tra Bene e Male e sono dunque gettati in un mondo di scarsità e privazioni, in un mondo dove ogni decisione esclude l'altra, impossibilitati così a raggiungere una felicità ed una pace duratura.
Da questo evento alla produzione in serie dell'IPhone sono intercorse tre rivoluzioni.
La prima è quella agricola.
Il fiorire delle civiltà antiche porta Socrate all'affermazione che conoscere se stessi è la strada per arrivare, senza raggiungerla questo è certo, a questa tanto osannata felicità. Un secolo dopo Aristotele osserva come l'uomo sia un animale sociale e trovare se stessi partendo da una costante relazione interpersonale sembra la strada più naturale da seguire.
La seconda è quella industriale.
Adamo (arieccolo) Smith aggiunge all'affermazione di Aristotele che l'uomo è sociale perchè scambia con altri uomini al fine di un adempimento più ragionevole dei propri bisogni. Marx illustra come questo sia vero, ma spiega le ragioni di come non possa funzionare a lungo se lasciato a se stesso, in quanto le differenze originarie derivate da precedenti scambi porteranno a scambi (di merci e di lavoro) sempre più iniqui e finisce che questi attriti diventano insostenibili.
L'Economia si affina, la divisione del lavoro progressivamente si efficentizza e la produzione in serie diventa il consumo di massa. Tra la prima e la seconda guerra mondiale l'economia soffre di recessione e disoccupazione, le persone si maciullano la testa a capire quali sono le falle del sistema, per quale motivo non sia sostenibile in maniera duratura; certi dànno retta a Marx e certi capiscono che il discorso è da ribaltare: nello scambio non è più importante chi produce, ma chi consuma; allora si riconsidera l'idea di felicità (vedi sopra) per spingere le persone a scambiare. Chi non vorrebbe essere felice? Chi non vorrebbe consumare? Per chi non trovasse una stretta correlazione fra queste due domande ci sono ottimi sistemi per fargli cambiare idea. La seconda rivoluzione avanza furiosa avvalorata dal dogma precedentemente esposto felicità=consumo, miliardi di persone trovano la forza di contribuire a queste magnifiche sorti e progressive ben memori di quel dogma.
La terza è quella informatica.
L'ingegno umano sospinto all'estremo concepisce via via sempre nuovi passi in avanti nel campo della produttività, cioè nel campo di quell'arsenale meccanico-tecnologico che aumenta la ricchezza mediamente prodotta in un'ora di lavoro umano.
La produzione in serie dell'IPhone dalla cacciata dall'Eden è bella che raggiunta, ma chissà perchè l'idea di partenza (la pace e la felicità) invece che sempre più prossima sembra sempre più imperscrutabile.
Perchè mano a mano che cresce la ricchezza che un singolo uomo può produrre in un'ora l'utopia dell'abbondanza sembra sempre più distante?
Perchè l'economia è ancora così schiava del concetto di scarsità?

lunedì 20 agosto 2007

Presentazione

Questo blog si prefigge l'analisi e, a volte, la spiegazione di decisive dinamiche e derive socio-economiche o meglio economo-sociali, se si considera quello che viene dopo il trattino come una diretta conseguenza di quello che vine prima.
L'imbarazzo che provo ad aprire un canale di questi tipo è superato solo dall'esigenza di comunicare il messaggio portante di ogni discussione che si attorcinerà fra queste pagine, cioè come certi meccanismi regolatori siano di giorno in giorno più lontani dalla nostra comprensione e soprattutto dalla nostra percezione. Constatando che maggiore è l'importanza e maggiore è la celatezza di queste dinamiche mi prepongo di arricchirmi dell'ausilio di questo mezzo per arrivare, almeno di sfuggita, a qualche conclusione.