domenica 22 febbraio 2009

La legge del più ricco


L'avanzamento della crisi propaga l'incertezza dei mercati a qualsiasi ambito interconnesso con la parola produttività o competitività. La pressione sui risultati sta mietendo posti di lavoro e modi agendi degli attori economici.
Con il suo maxi-piano di risanamento da 790 miliardi di dollari Barack Obama oltre alla prassi sembra ricercare soluzioni anche di natura esemplare per sbrogliare gli inceppati macrofenomeni economici. Ha proposto infatti che le banche che hanno usufruito di denaro pubblico per risanare le loro voragini contabili dovranno porre un tetto retribuitvo al top management di 500.000 dollari annui. Timorata di altre oltraggiose iniziative la
Merrill Lynch conta di restituire il debito che ha con la Federal Reserve (circa 10 miliardi) entro il 2009, il tetto retributivo è infatti visto come un abbraccio mortale sistemico, una misura propagandistica che finirà unicamente per affievolire l'ardore manageriale nelle divisioni finanziarie delle grandi banche d'affari.

Giusto o sbagliato che sia intascare milioni in doppia cifra è opportuno sviluppare alcune considerazioni. Nella letteratura economica la diatriba in seno ai modelli di crescita ha generato diverse conclusioni: maggiori livelli di diseguaglianza sono visti come un sano volano all'accumulazione, agli investimenti, alla produttività ed a nuovo sviluppo sociale oppure sono scongiurati in quanto minano fondamentali punti fermi della nostra crescita quali l'accesso all'istruzione e la pace sociale.

Mentre scrivevo la mia tesi di laurea sono inciampato nel seguente grafico


La fonte è un istituto di statistica americano (CBO researchers). Mostra le entrate, in percentuale del PIL americano, del più ricco 1% tra i residenti statunitensi. L'ultimo dato risale al 2005, nel 2007 il livello si alza di ulteriori due punti percentuali.
Con una rapida occhiata si può arrivare ad un'affermazione incontrovertibile: le due più grandi crisi finanziari degli ultimi 100 anni avvengono nei due anni successivi a quelli (1928 e 2007) in cui è più accesa la diseguaglianza tra il centile più ricco ed il resto della popolazione.

Marx scriveva come il maggiore nemico del capitalismo fosse il capitalismo stesso, inteso come formidabile accumulazione miope dei fattori di produzione; questa miopia porterà ad un accrescimento del capitale strumentale (capitale finanziario-rendita) ai danni del capitale tecnico (capitale industriale-profitto) rendendo il sistema nel suo complesso eccessivamente fragile e volatile al benchè minimo cambiamento ("il capitale si scava la fossa da solo").

Comunque finirà questa crisi le pretese del top management della
Merrill Lynch, alla luce di questi dati, non sembrano nè economicamente giuste e nè eticamente sbagliate, semplicemente autolesioniste.

6 commenti:

Anonimo ha detto...
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Anonimo ha detto...

I dati riportati sono certamente interessanti. In linea generale, un'analisi statistica basata su 2 soli casi, invece, non lo è.

Nella specifica contingenza, quella che fai notare resta comunque una coincidenza interessante. Ci sono però 2 osservazioni da fare:
- le altre grandi crisi del secolo (e.g. crisi petrolifere e crollo del sistema di Bretton Woods negli anni 70) non sono state precedute, come le 2 che rilevi, dallo stesso fenomeno di divaricazione della forbice tra "ricchi" e "poveri". probabilmente dunque è da tenere in considerazione almeno un altro elemento, ancora da individuare
- il fatto che due situazioni si manifestino in contemporanea o a brave distanza non per forza implica che una sia la causa dell'altra: anche escludendo la possibilità che sia una mera coincidenza, bisogna tenere in conto l'eventualità che abbiano una causa, o un insieme di cause, in comune. Dunque non è detto che sia per forza la sperequazione a determinare direttamente la crisi, con buona pace del caro Marx ^^

Giovanni Pasquini ha detto...

La campionatura statistica è di per certo scarna, questo non significa trascurabile. Comunque nel post io ho presentato i due dati come spunto di riflessione non ho parlato di nesso causale; se alla fine ho concluso con una frase che potesse presumere una conseguenzialità degli eventi l'ho fatto per dare più significato alla conclusione.

Per quanto riguarda la crisi del 1973 è evidente come in questo caso siamo di fronte ad uno shock esogeno (il prezzo del petrolio quatruplica - da 3 a 12 dollari al barile - in pochi mesi). Le due crisi sistemiche di cui parlo hanno entrambe una natura endogena riconducibile, a mio avviso, alla redistribuzione del reddito. Infatti mentre alla crisi del primo quinquennio dei '70 (o del 1981, del 1992...) segue un forte spinta inflazionistica, la crisi del 1929 e, presumibilmente anche quella del 2009, nel breve periodo accusano una tendenza deflazionistica del mercato immobiliare, mobiliare e addirittura di beni e servizi.

La deflazione è figlia della perversa ripartizione del reddito in salari, profitti e rendite. Adesso purtroppo non ho sottomano i dati statistici.....

Anonimo ha detto...

I will not approve on it. I over nice post. Especially the title attracted me to study the unscathed story.

Anonimo ha detto...

Questo articolo è stato estremamente interessante, soprattutto perché ero alla ricerca di pensieri su questo argomento Giovedi scorso.

Anonimo ha detto...

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- Robson