martedì 28 ottobre 2008

La legge 133 ed il decreto legge 137


Gelmini: "Nessuna riforma, solo dei tagli"
Decleva (rettore Statale di Milano): "Questi tagli non posso essere chiamati riforma"
Berlusconi: "Nessun taglio"
Bonaiuti: "La sinistra dice bugie, il tempo pieno aumenterà"
Roberto Cota:"Nessun licenziamento"
Veltroni: "Problema per le famiglie con meno tempo pieno"
Berlusconi: "Darò istruzioni al Ministro dell'Interno per impedire attraverso le forze dell'ordine che ciò (interruzione di servizio) accada"
Cobas: "87 mila posti di lavoro in meno"
Berlusconi:"Mai detto nè pensato di mandare la polizia nelle università"
Gelmini: "Nessun ridimensionamento, casomai qualche problema tra tre anni"
Berlusconi: "La sinistra parla di disinvestimento, è vero esattamente il contrario"
Berlusconi: "Nessuna scuola sarà chiusa"

A questa confusione è bene rispondere solo ed unicamente con cifre.

L'Italia nel 2008 destinerà il 4,5% del PIL al Ministero dell'Istruzione. La media dell'Unione Europea a 27 è 5,1%, dell'Unione Europea a 15 è 4,9%. Peggio di noi soltanto la Romania e la Grecia.
Il ritardo dell'Italia si aggrava per quanto riguarda la spesa universitaria e post-universitaria: o,8% contro l'1,1% della spesa dell'Unione Europea a 27. Questi dati sono confermati dalla percentuale di laureati nella fascia d'età tra i 25 e i 64 anni: 13% in Italia e 23% nella UE a 27, solo Malta e la Romania sono al di sotto di noi. Infine la percentuale di abbandoni: 21% in Italia e 15% nell'Europa allargata.

Sono stati approvati in Agosto
due decreti legge di competenza del Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca.
Il decreto legge 112 convertito dal disegno di legge 133, che si occupa di Università nell'articolo 15 (libri scolastici), 16 (possibilità d trasformazione dell'Università in Fondazioni di diritto privato) e 17 (progetti di ricerca di eccellenza). La legge è stata approvata da etrambe le camere in agosto.
Decreto legge numero 137, che si occupa di scuola primaria e secondaria mediante l'introduzione del maestro unico, voto in condotta e libri di testo non modificabili. Il decreto verrà convertito in legge al Senato nella mattinata di domani.

Cosa cambia con queste due, distinte, leggi:
  • La diminuzione del personale della scuola dell'obbligo con un contratto a tempo determinato sarà di 87.341 in tre anni. 42.105 nel 2009/10; 25.560 nel 2010/11 e 19.676 nel 2011/2012. Per il personale Ata (amministrativo, tecnico, ausiliario) è prevista una riduzione secca del 17%, ossia 42.500 posti in meno.
  • Dal fronte dei docenti dovranno essere risparmiati 338.495.736 euro nel 2009, 1.179.540.433 nel 2010, 1.715.092.622 nel 2011 e 2.129.984.098 nel 2012.
  • Il decreto stabilisce la reintroduzione, a partire da settembre 2009, del maestro unico nelle classi prime, al posto dell'insegnamento modulare (3 docenti per 2 classi). L'insegnante avrà un orario settimanale di 24 ore e dovrebbe essere affiancato dai docenti di inglese e di religione, oltre che da quello di sostegno (se previsto). Il piano programmatico prevede come orario sostanziale quello di 24 ore settimanali (intorno alle 5 ore al giorno: niente tempo pieno), resta la possibilità delle 27 e delle 30 ore, con aggiunta di altre 10 per il tempo mensa, ma queste decisioni verrano prese in sede locale con l'ausilio di cooperative.
  • Verranno chiuse 1.500 scuole con meno di 300 alunni.
  • La trasformazione delle Università in fondazioni private deve essere deliberato a maggioranza assoluta dal Senato accademico e successivamente approvato dai ministeri dell'Istruzione e dell'Economia. Le fondazioni così costituite subentrano nel patrimonio dell'università e sono chiamate a una gestione finanziaria che assicuri l'equilibrio di bilancio. Le donazioni a favore delle fondazioni saranno esentasse e deducibili.
  • Il Fondo di finanaziamento ordinario del Ministero in generale sarà ridotto di 63,5 milioni per il 2009, di 190 milioni di euro per il 2010, di 316 milioni per il 2011, di 417 milioni per il 2012 e di 455 milioni a partire dal 2013. La legge impone agli atenei di decretare il rapporto professori in pensione-professori assunti come 5-1.

Piccola considerazione personale.
La possibilità di trasformazione dell'Università in una Fondazione privata è la conseguenza dell'impossibilità da parte di un istituto di diritto pubblico, quale l'Università, di aumentare le tasse oltre ad una certa percentuale. La Fondazione sarebbe di diritto privato ed il consiglio di amministrazione potrebbe aumentare le tasse d'iscrizione ben al di sopra di questi limiti garantendosi la sussistenza ma violando il principio costituzionale del diritto allo studio.

Sempre in riferimento alla Costituzione il comma 3 dell'articolo 33 recita: "Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato". Ma la legge 133 indica come la trasformazione in Fondazioni private delle Università pubbliche abbia come oggetto non solo l'assetto del bilancio ma l'intero patrimonio immobiliare. Questo significa che tutti gli edifici universitari o adibiti all'Università (moltissimi di questi di eccezionale valore artistico ed inestimabile valore) andrebbero a privati senza alcun rimborso per lo Stato.
Questo, a mio giudizio,
è un onere per lo Stato, ma l'eccezione di incostituzionalità neanche si mormora.

martedì 21 ottobre 2008

La squola di cicago


Nel panorama accademico-giornalistico-politico italiano non si può dire che spicchi una pressante fazione liberista-monetarista comparabile a quelle degli altri paesi europei. Possiamo citare qualche nome: Pier Luigi Bersani (troppo solo?), Della Vedova e Martino (troppo vicini a Berlusconi?), Emma Bonino (troppo indipendente?) e Francesco Giavazzi (troppo accademico?). Cosa pensano questi sparuti difensori della mano invisibile del mercato a proposito della crisi finanziaria in atto?

Il primo, Bersani, ministro ombra dell'Economia ombra dell'opposizione ombra ritrova la luce con impeti preadolescenziali tuonando sulla necessità che al decreto legge salva-banche sia affiancato un emendamento sulla detassazione dei redditi più bassi; 7-8 miliardi per la precisione, nulla in confronto alle imminenti cascate di soldi pubblici che riempiranno le casse delle banche, niente anche per quanto riguarda un ripensamento delle logiche di accesso al credito delle banche italiane.

Della Vedova e Martino boccheggiano, si intristiscono e rimandano al loro datore di lavoro-padrone-Presidente del Consiglio qualsiasi decisione o pensiero svolazzante.

Emma Bonino invece non perde la flemma: "Non è una crisi del mercato, bensì una crisi nel mercato". Invece di ricredersi, almeno in parte, sulla sua profonda amarezza che in Italia non si possa far fluttuare il denaro come in America rilancia sulla tetra possibilità di nazionalismo economico, una soluzione "troppo facile". Troppo facile per lei non fare un minimo di autocritica, il trucco sta nel non dire assolutamente niente (cosa che riesce benissimo con i giornalisti economici italiani).

Dal pulpito della cattedra di Economia Politica in Bocconi è in piena forma Francesco Giavazzi. E' lui il paladino del liberismo italiano, l'editorialista del Corriere della Sera che porta la fiaccola del libero mercato, della meritocrazia e della guerra ai fannulloni; quello che intralcia il traffico, rimanendo fermo agli incroci data la totale assenza della capacità di distinguere la destra dalla sinistra.
Questa strana patologia gli fa pubblicare esattamente un anno fa "Il liberismo è di sinistra" (edizioni Il Saggiatore). A pagina 106 scrive: "Il motivo per cui le privatizzazioni sono condizione necessaria per il libero mercato è che uno Stato proprietario è un pessimo regolatore" - "L'articolo 25 dell'autorità Antitrust consente al governo di autorizzare per rilevanti interessi dell'economia nazionale operazioni di concentrazione altrimenti vietate. Insomma, il monopolista pubblico è più pericoloso di quello privato".
Coerentemente il 16 settembre di quest'anno scrive sull'autorevole portale di economia Lavoce.info: "Una vittoria del mercato. il segretario del Tesoro statunitense Henry Paulson ha detto basta. Il costo è stato elevato, il fallimento della terza/quarta banca d'investimento al mondo (Lehman Brothers), ma il mercato ha impiegato meno di cinque minuti a capire. E Bank of America ha comprato Merrill Lynch senza alcuna garanzia pubblica e ad un premio di 70 per cento sull'ultimo prezzo di mercato. Oggi la cintura di liquidità di cui ha bisogno AIG sarà anch'essa offerta dal mercato."
Peccato che poche ore dopo la Federal Reserve eroga 85 miliardi di dollari per salvare la suddetta AIG, immensa compagnia di assicurazioni americana.
Giavazzi è costretto a rettificare "Oggi il governo americano ha dovuto smentirsi. E' una cattiva notizia perchè la situazione è grave ma è anche una buona notizia perchè dimostra che l'economia del mondo è nelle mani di persone responsabili che non decidono guidate dall'ideologia."

Voglio brevemente trarre spunto dall'ultimo intervento di Giavazzi per concludere questo post.
Galbraith, celebre economista del'900, scriveva che i ricchi scoprono il socialismo solo quando ne hanno bisogno loro. Io più umilmente dico che Giavazzi scopre gli aiuti di Stato solo quando il suo cervello gli suggerisce che è una buona notizia e scopre l'ideologia solo quando la può affibiare a qualcuno che non sia lui.
Viene chiamato "responsabile" chi prima era ontologicamente in fallo (tralasciando il fatto che i responasbili nella Federal Reserve hanno una serie di colpe oggettive nella crisi economica), viene chiamata "ideologia" un modus agendi che si sbandiera solo in periodi di vacche grasse, adesso è
solo ideologia (la differenza la sanno solo loro).

Qui non si tratta di sbattere in faccia la realtà dei fatti a persone che con spocchia cavalcavano l'onda globalizzante ed equa del capitalismo finanziario, qui si tratta di sviscerare quelle contraddizioni che, sperando siano sotto gli occhi di tutti, permettano a chi quelle idee non le ha mai cavalcate di alzare il livello delle rivendicazioni reali.
Non è tollerabile che chi, sia come agente operativo che come accademico, ha fatto sprofondare nel baratro milioni di famiglie in America e in Europa oltre a non pagare di tasca propria si rimangi due-tre frasette, incassi migliaia di miliardi pubblici derivati dal lavoro e dalla fatica di tutta la collettività e si rilanci come rinnovato traghettatore verso il futuro.

Chi ha sbagliato paghi, e non è solo una questione di soldi.

domenica 12 ottobre 2008

Geronzocrazia


In questa girandola di speculazioni, abissi e vacuità propositiva sguazza il signor Cesare Geronzi.
Il signor Geronzi da Marino (la sagra c'è del vino) si fa le ossa nella Banca d'Italia, scalpita fra i dirigenti di banca cosicchè nel 1986 diventa Direttore Generale della Cassa di Risparmio di Roma; in seguito tra acquisizioni e fusioni ricopre nel 2002 la carica di Presidente di Capitalia, il gruppo bancario composto da vari istituti romani, il Banco di Siclia e Bipop Carire. Diventa il 3° gruppo bancario italiano per numero di sportelli. Il 1 ottobre 2007 il gruppo è acquisito dall'Unicredit di Profumo e Geronzi finisce alla presidenza del consiglio di sorveglianza (cioè il garante formale) di Mediobanca, la storica Banca di finanziamento alle imprese del paese, il salotto buono della finanza, la bussola del capitalismo industriale e finanziario in Italia.

Il signor Geronzi è diventato negli anni il fulgente emblema di come un banchiere possa riuscire a mettere le mani praticamente ovunque così da dettare tempi e regole del gioco, ma...contemporaneamente non sembra essere esposto alle luci della ribalta che meriterebbe.
Possiamo dire che tra lui ed il fatto ci sono talmente tanti fatti strumentali intermedi che lui è sempre cosa altra dal fatto.
Eppure ha immense partecipazioni personali nell'editoria: Risparmio Oggi (diretto da Bruno Vespa), il Tempo, Il secolo d'Italia e Class. Pensate di averlo inquadrato? Io non credo. Le partecipazioni continuano: L'Osservatore Romano, L'Unità, Famiglia Cristiana, Il Manifesto e visto che non si fa mancare niente anche Topolino.
Geronzi è anche un fine politico: storico amico di Andreotti, tramite la Banca di Roma finanza i Ds per le elezioni del 1996 con ben 520 miliardi, il suo avvocato è Guido Calvi (Pc-Pds-Ds-Pd), ha inoltre inserito Marina Berlusconi e Tronchetti Provera nel consiglio di amministrazione di Mediobanca.
Si occupa di sport. Ai tempi di Capitalia aveva il 49% delle partecipazioni di Italeptroli, la società che controlla la Roma, ha messo la figlia ai vertici della Gea, la società che gestiva l'intreccio procuratori-giocatori-arbitri.

L'onnipresenza porta spesso il banchiere Geronzi a commettere errori di valutazione. A parte la condanna per Bancarotta ad 1 anno e 8 mesi nel processo Italcase, pendono su di lui gli spettri di una condotta fraudolenta nei confronti dei risparmiatori quando, da presidente di Capitalia, seminava in fretta e furia obbligazioni Cirio e Parmalat così da disfarle dal portafoglio del gruppo bancario.
In settimana è venuto fuori che nel decreto legge volto a permettere a cordate interne od estere di salvare Alitalia sia stata scritta una riga a proposito della bancarotta fraudolenta. L'emendamento indicava che il procedimento penale sarebbe scattato solo in caso di fallimento dell'azienda in questione, non in caso di commissariamento (il caso di Cirio e Parmalat).
I relatori formali di questo piccolo fraintendimento sono i senatori Angelo Cicolani ed Antonio Paravia, quest'ultimo, interpellato sull'argomento, ha asserito (www.antonioparavia.it) che "Io complice? Tanzi mi è antipatico e Cragnotti è laziale". Il mistero s'infittisce, Berlusconi non ne sapeva niente e Tremonti minaccia dimissioni se l'emendamento verrà approvato anche la Camera, l'emendamento cade.

Che sia Tremonti contro l'asse Gianni Letta-Geronzi (si ricordi che Letta, vicepresidente della Fininvest Comunicazioni e costante sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei governi Berlusconi è stato membro dell'Advisory Board della banca Goldman Sachs) o la faida Geronzi-Profumo (colpevole quest'ultimo di essere poco "politico", non entrando per esempio nella cordata Alitalia) il signor Cesare non vede rieccheggiare quanto spetterebbe il suo bel nome.

Giovedì 9 Ottobre, in piena crisi bancaria mondiale, il giorno in cui si innesca il dibattito sul suddetto decreto legge salva-Geronzi, il giornalismo italiano dà pieno sfoggio della propria audacia:
Repubblica, editoriale non firmato in cui si nomina una sola volta il nome di Geronzi.
Corriere della Sera, articolo del giornalista anti-casta Sergio Rizzo a pagina 14, non nomina Geronzi, lo cita una volta tramite un virgolettato del segretario dell'Amn Giuseppe Cascini.
Sole 24 Ore, pagina 41 senza nessun riferimento diretto o indiretto al banchiere.

L'opposizione veltroniana non solo non lo nomina, ma neanche accenna alla questione dell'emendamento (centrerà per caso il già citato potente di turno Guido Calvi?), scoperto unicamente dalla giornalista di Report Milena Gabanelli.

Aspettiamo un segno.

Excuse me mister Fuld....


Il sito internet www.pattichiari.it è un portale voluto dall'Abi (associazione bancari italiani) per promuovere "un grande progetto di cambiamento dei rapporti tra cliente e banca, con un obiettivo preciso: fornire ai consumatori strumenti concreti per capire di più e scegliere meglio". Peccato che il 13 settembre scorso nella graduatoria delle obbligazioni a basso rischio abbia inserito quelle della Lehman Brothers. La banca d'affari fallirà due giorni dopo, il 15 settembre. Le obbligazioni sottoscritte fino a questa data diventano carta straccia, o per dirla come nel film "Compagni di scuola" di Verdone: dopo il 15 settembre te ce soffi er naso, così risparmi in Kleenex.

Il signor Richard Fuld è stato il CEO (amministratore delegato) della Lehman Brothers ininterrottamente negli ultimi 14 anni. E' stato convocato a testimoniare sulle cause e le responsabilità della sua condotta da una speciale commissione di deputati del Congresso americano, presieduta dal repubblicano Henry Waxman una settimana fa. Durante l'interrogazione, a dir poco formale, sono emerse cifre e responsabilità che più di ogni altra cosa circoscrivono il "tenore umano" della crisi finanziaria in atto.

Nel 2000, Fuld ha accumulato un compenso complessivo di 52 milioni di dollari, nel 2001 98 milioni, nel 2005 89 milioni e nel 2006 poco più di 100 milioni. Complessivamente dal 2000 al momento del fallimento, il super manager si è messo in tasca 540 milioni di dollari; solo in Italia (fonte: Codacons) dal fallimento della Lehman Brothers 40.000 piccoli risparmiatori perderanno tutto.

Vorrei trascrivere l'interrogazione integrale (fonte www.ilsole24ore.com). E' lunga, ma ne vale la pena. Credo che ogni parola di Fuld sulla questione valga più di 1000 parole di chiunque altro.



Ma non le sembra di aver guadagnato troppo, visto che la banca è poi fallita?
No. Se si guarda alla media annuale, circa 60 milioni di dollari, ero ampiamente nei parametri del settore. E poi il nostro comitato remunerazioni si è sempre preoccupato di garantire l'allineamento tra le retribuzioni dei manager e l'interesse degli azionisti.

Chi nominava il comitato? Lei aveva un ruolo?
Oggi la nomina spetta al comitato governance della banca, ma in passato avevo un ruolo importante.

Non crede che sia immorale aver dato una liquidazione di 20 milioni di dollari a due dirigenti che lei aveva licenziato pochi giorni prima del fallimento?
La cifra è stata giudicata appropriata dal comitato remunerazioni

Molti si chiedono se gli investitori debbano avere il diritto di rivalersi contro un'azienda che ha preso decisioni sbagliate per massimizzare il profitto a breve, finendo in bancarotta... Lei che ne pensa?
Guardi, non sono orgoglioso di aver perso così tanti soldi, ma ritengo che il sistema funzioni e che tutti noi abbiamo agito in buona fede.

Ripeto. Non crede che gli investitori abbiano il diritto di recuperare il loro denaro rivalendosi sui bonus milionari pagati al management?
Non ho avuto liquidazioni milionarie o paracaduti d'oro. E non ho mai venduto le mie azioni

Nel 2004 la Sec permise alle banche d'investimenti di aumentare la leva finanziaria. Crede che fosse una decisione appropriata? E lei ha mai fatto pressioni sulla Sec in quel contesto?
Che io sappia, la banca non ha fatto pressioni. E la questione della leva è stata fraintesa. Esiste una leva lorda e una netta e metà del nostro bilancio veniva da emissioni del Tesoro. Abbiamo fornito un elevato ammontare di liquidità, circa 300 miliardi di dollari, agli investitori istituzionali che possedevano titoli di debito del Tesoro Usa.

Mi colpisce il fatto che abbiate finanziato a piene mani membri del Parlamento, tra cui Hillary Clinton. Erano spese di lobbying a carico della banca?
No, erano fondi prelevati da un fondo autorizzato.

Visto quello che è successo come pensa che dovrebbe cambiare il sistema dei controlli?
Il contesto in cui furono concepite le regole attuali è superato. Allora si scambiavano 10 milioni di azioni al giorno, oggi siamo vicini a 5 miliardi. L'elettronica ha globalizzato il mercato e gli investitori oggi hanno il diritto di indirizzare il loro denaro sulle attività che rendono di più e il denaro si muove velocemente. Per questo ritengo che la regolamentazine nazionale sia superata e credo che serva una regolamentazione a matrice più globale nella sua natura. Mi focalizzerei anche sulle riserve di capitale, chiedendo più capitale sugli asset meno liquidi. E credo che serva una maggiore comprensione del mark-to-market: dà numeri di un tipo in contesti normali e tutt'altri risultati in tempi di crisi. Una riforma delle regole deve partire proprio da questo punto.

Passiamo agli ultimi giorni della Lehman. Un'email fra un alto dirigente della banca e il responsabile mondiale dell'investment banking rivela che molti broker erano preoccupati e che sulla banca c'era una percezione estremamente negativa. In particolare, nell'email era scritto: «Tutto il duro lavoro che abbiamo fatto potrebbe sgretolarsi velocemente. I senior manager devono essere meno arroganti e ammettere i gravi errori che sono stati fatti. Non possiamo continuare a dire che siamo grandi e forti e che il mercato non ci capisce». Quando ha letto questa email che cosa ha fatto? Sono curioso di saperlo...
Mi scusi, ma qual era la data?

Il 9 giugno 2008. Ora ricorda?
Non so...Onestamente no.

Glielo dico io che cosa ha fatto. Tre giorni dopo ha licenziato Aaron Allen, il direttore finanziario, e Joseph Gregory, il direttore operativo. Lei non si è assunto nessuna responsabilità. Anzi, finora ha solo attribuito le colpe ad altri. Ora le chiedo: è d'accordo sul fatto che sotto la sua guida la Lehman abbia assunto una leva finanziaria troppo alta? Risponda sì o no.

Non è facile rispondere. In certi momenti la leva è stata molto elevata, ma quando ho capito che il mercato stava peggiorando la leva è stata ridotta gradualmente.

Allora la risposta è no?

Abbiamo fatto tutto il possibile per ridurre la leva

Allora vuol dire che lei si sente la coscienza a posto, che ha fatto tutto ciò che era giusto fare...

Sì, signore

Bene. Ma allora non prova nessun rimorso per aver speso 10 miliardi di riserve di cassa della banca in bonus, stock dividend e stock buy-back, proprio mentre fronteggiavate una tremenda crisi di liquidità? Non si sente in colpa?

Su questa storia è stata fatta troppa confusione e ora vorrei fare chiarezza. Quei 10 miliardi erano il compenso ricevuto dai nostri dipendenti sulla base di un piano di stock-option con scadenza a 5 anni. Abbiamo dovuto riacquistare sul mercato titoli per lo stesso importo per evitare una diluzione dei nostri azionisti. Non vedo che cosa ho fatto di male...

Non sarebbe stato meglio usare quella somma per ridurre il debito, visto che stava diventando insostenibile?

Eravamo alla fine dell'anno scorso e il problema del debito ancora non esisteva

Ma lei non crede che sia un furto il fatto di non rivelare al mercato che un titolo garantito da un mutuo abbia come sottostante un prestito superiore al reale valore della proprietà? E qual era il ruolo di Lehman in questo business?

Non credo che qualcuno possa intenzionalmente strutturare una cartolarizzazione in questo modo. E per quanto riguarda il ruolo della banca, tutte le cartolarizzazioni sono state organizzate sempre nell'ottica del valore per gli investitori.

Quindi vuol dire che non avete mai gonfiato un mutuo o il valore di un mutuo poi cartolarizzato...

Come posso dirlo? Non guardo mica i mutui uno per uno

Il 10 settembre, in una conference call, lei ha rassicurato gli investitori affermando che non c'era necessità di nuovi capitali e che gli asset immobiliari erano adeguatamente valutati. Cinque giorni dopo ha dichiarato la bancarotta: non ritiene di aver ingannato gli investitori? Le ricordo che è sotto giuramento...

No, non ho ingannato nessuno. Le mie affermazioni erano basate sulle informazioni di cui disponevo

Eppure solo il giorno prima, 9 settembre, Lehman aveva bisogno di 5 miliardi di dollari per tenere la barca a galla. Le avevano consigliato di rinunciare alla conference call, ma lei l'ha fatta solo per dire che tutto andava bene...

È vero. Ma quelle erano le informazioni di cui disponevo. E non voglio aggiungere altro.

Lei ha detto che ciò che è successo a Lehman poteva accadere alle altre banche di Wall Street. Però è fallito solo lei...

Se potessi tornare indietro, mi comporterei diversamente sul business dei mutui e sull'immobiliare commerciale. E in generale su tutte le operazioni a leva. Ma se l'avessi fatto allora, sarei stato attaccato e trattato come un folle: è facile giudicarmi ora. Il mio errore è stato pensare che la crisi dei mutui era limitata al settore residenziale e che il settore commerciale, dove eravamo più esposti, non avrebbe subìto grandi contraccolpi

Ha provato a raccogliere capitali nella settimana prima della bancarotta?

L'ho fatto una, due, tre settimane prima...

In retrospettiva, non crede che tutto il boom delle cartolarizzazioni, del credito facile, della corsa a concedere mutui fuori portata per le famiglie sia stato come un castello di carte destinato a crollare?

Non sono sicuro se sia stato un castello di carte

Lei ritene giusto che Aig sia stata salvata dal Governo e Lehman no?

Bè, chiaramente avrei voluto essere salvato anch'io. Certo ancora non mi spiego perché siamo stati gli unici a non essere salvati. E ciò che mi colpisce è che il venerdì prima del fallimento, Lehman e Merrill Lynch erano nelle stesse condizioni: loro la domenica hanno accettato la fusione con Bank of America, noi siamo falliti perché la trattativa con Barclays non si è chiusa.

Mr. Fuld, in un memo interno lei parla con entusiasmo di una cena con il segretario al Tesoro Henry Paulson nell'aprile scorso. È vero?

Credo proprio di sì, ma non sono certo che a cena fossimo solo noi due.

Ma si incontrava con Paulson regolarmente?

Abbiamo avuto diverse conversazioni.

Nel memo lei dice che Paulson era entusiasta della banca e soprattutto del modo in cui raccoglieva capitali. Crede che Paulson l'abbia ingannata?

Mi scusi, ma credo che...non so cosa intende...

Le chiedo se si sente ingannato?

No, non credo Paulson mi abbia ingannato

Allora è lei che ha sbagliato?

Non lo so. Però posso dirle che mi sveglio ogni notte chiedendomi che cosa avrei dovuto fare di diverso, dove ho sbagliato. E so per certo che per tutto il resto della mia vita, a prescindere da quello che accadrà, avrò il rimorso e il dolore per ciò che è successo.

lunedì 6 ottobre 2008

L'attacco dei Ninja


Tira una brutta aria. Oggi le due persone più influenti d'Italia, Alessandro Profumo e Joseph Ratzinger, hanno trattato lo stesso argomento: il primo ha detto che l'approvazione dell' aumento di capitale di 6,6 miliardi da parte del cda di Unicredit è una solida base antispeculazione, il secondo invece ha parlato a braccio (cosa assai rara) di come la vacuità dei soldi sia incomparabile con la solidità della Parola di Dio.
La borsa sembra aver dato ragione al secondo visto che Milano ha perso l'8,24% e il Dow Jones a New York sta perdendo, mentre scrivo, circa il 5%.
Come si è arrivati a questo? E' possibile che le richieste di alcune merchant bank americane al Congresso e ad Alan Greenspan (precedente governatore della Banca Centrale americana) a proposito di una piccola deregolamentazione sui mutui abbiano portato a questo tracollo finanziario e a questa totale incapacità di farne fronte? La risposta è sì.

L'integrazione finanziaria mondiale è un fiume in piena. Merchant Bank, banche commerciali, fondi di investimento, banche d'affari e mediocredito hanno una quantità di partecipazione reciproche che a confronto gli incroci delle correnti interne del Partito Democratico impallidiscono.

I soldi e le informazioni viaggiano a velocità siderali, la concorrenza dei fondi di investimento è sempre più accesa, si ricorre a meccanismi vorticosi per aumentare i rendimenti attesi come la forzatura artificiosa delle quotazioni azionarie ed il prestito ad alto rischio (e ad alto tasso d'interesse). Il principale strumento finanziario per permettere quest'ultima categoria di transazioni è il prestito subprime. Infatti mentre il prestito prime è concesso a debitori con un'accertata capacità di risoluzione del debito, i subprime sono concessi a pignorati, bancarottisti e genericamente persone che detengono un'elevata probabilità di inadempienza. I soggetti in questione sono chiamati in gergo
Ninja, cioè No Income, No Job or Assets.
Perchè prestare dei soldi a questi poveri sbandati? Molto semplice, perchè la deregolamentazione degli scambi creditizi ha permesso di prendere questi titoli creditizi (cioè il diritto a riscuotere i soldi derivanti dai prestiti subprime) e "legarli" ad obbligazioni emesse. In poche parole: io banca concedo un prestito a te Ninja, siccome è alta la possibilità di inadempienza pareggio il rischio con interessi molto alti; ora ho in mano dei crediti che sì mi rendono molto, ma scottano di insolvenza, per dormire tranquillo emetto delle obbligazione direttamente connesse a la risoluzione di questi prestiti, se il ninja paga ci guadagno io banca e la persona che ha acquistato queste obbligazioni, se il ninja non paga non essendo l'obbligazione un titolo a capitale garantito io banca non sono più tenuta a pagare e accollo il danno al risparmiatore che mi aveva acquistato l'obbligazione.

Non fa una piega. Le banche possono incassare interessi elevatissimi e trasferiscono i rischi a terzi. Ora, sembrerebbe un meccanismo in grado di andare avanti ad oltranza. Piccolo problema, nel 2006 si sgonfia la bolla immobiliare e, visto che i prestiti subprime sono concessi essenzialmente per l'acquisto di immobili, una piccola fetta di debitori si scoprono inadempienti (un calo minimale: 0,8% nell'agosto 2007).
A questo punto il panico di insolvenza generale (panico ingiustificato dai numeri) innnesca una vendita di massa di questi titoli derivati dai mutui subprime: tutti vendono, nessuno compra, quello che le banche mettevano in attivo (tanto ci guadagnavano comunque) si trasforma in un boomerang, i bilanci sono da riscrivere, comincia il crollo...