Nel panorama accademico-giornalistico-politico italiano non si può dire che spicchi una pressante fazione liberista-monetarista comparabile a quelle degli altri paesi europei. Possiamo citare qualche nome: Pier Luigi Bersani (troppo solo?), Della Vedova e Martino (troppo vicini a Berlusconi?), Emma Bonino (troppo indipendente?) e Francesco Giavazzi (troppo accademico?). Cosa pensano questi sparuti difensori della mano invisibile del mercato a proposito della crisi finanziaria in atto?
Il primo, Bersani, ministro ombra dell'Economia ombra dell'opposizione ombra ritrova la luce con impeti preadolescenziali tuonando sulla necessità che al decreto legge salva-banche sia affiancato un emendamento sulla detassazione dei redditi più bassi; 7-8 miliardi per la precisione, nulla in confronto alle imminenti cascate di soldi pubblici che riempiranno le casse delle banche, niente anche per quanto riguarda un ripensamento delle logiche di accesso al credito delle banche italiane.
Della Vedova e Martino boccheggiano, si intristiscono e rimandano al loro datore di lavoro-padrone-Presidente del Consiglio qualsiasi decisione o pensiero svolazzante.
Emma Bonino invece non perde la flemma: "Non è una crisi del mercato, bensì una crisi nel mercato". Invece di ricredersi, almeno in parte, sulla sua profonda amarezza che in Italia non si possa far fluttuare il denaro come in America rilancia sulla tetra possibilità di nazionalismo economico, una soluzione "troppo facile". Troppo facile per lei non fare un minimo di autocritica, il trucco sta nel non dire assolutamente niente (cosa che riesce benissimo con i giornalisti economici italiani).
Dal pulpito della cattedra di Economia Politica in Bocconi è in piena forma Francesco Giavazzi. E' lui il paladino del liberismo italiano, l'editorialista del Corriere della Sera che porta la fiaccola del libero mercato, della meritocrazia e della guerra ai fannulloni; quello che intralcia il traffico, rimanendo fermo agli incroci data la totale assenza della capacità di distinguere la destra dalla sinistra.
Questa strana patologia gli fa pubblicare esattamente un anno fa "Il liberismo è di sinistra" (edizioni Il Saggiatore). A pagina 106 scrive: "Il motivo per cui le privatizzazioni sono condizione necessaria per il libero mercato è che uno Stato proprietario è un pessimo regolatore" - "L'articolo 25 dell'autorità Antitrust consente al governo di autorizzare per rilevanti interessi dell'economia nazionale operazioni di concentrazione altrimenti vietate. Insomma, il monopolista pubblico è più pericoloso di quello privato".
Coerentemente il 16 settembre di quest'anno scrive sull'autorevole portale di economia Lavoce.info: "Una vittoria del mercato. il segretario del Tesoro statunitense Henry Paulson ha detto basta. Il costo è stato elevato, il fallimento della terza/quarta banca d'investimento al mondo (Lehman Brothers), ma il mercato ha impiegato meno di cinque minuti a capire. E Bank of America ha comprato Merrill Lynch senza alcuna garanzia pubblica e ad un premio di 70 per cento sull'ultimo prezzo di mercato. Oggi la cintura di liquidità di cui ha bisogno AIG sarà anch'essa offerta dal mercato."
Peccato che poche ore dopo la Federal Reserve eroga 85 miliardi di dollari per salvare la suddetta AIG, immensa compagnia di assicurazioni americana.
Giavazzi è costretto a rettificare "Oggi il governo americano ha dovuto smentirsi. E' una cattiva notizia perchè la situazione è grave ma è anche una buona notizia perchè dimostra che l'economia del mondo è nelle mani di persone responsabili che non decidono guidate dall'ideologia."
Voglio brevemente trarre spunto dall'ultimo intervento di Giavazzi per concludere questo post.
Galbraith, celebre economista del'900, scriveva che i ricchi scoprono il socialismo solo quando ne hanno bisogno loro. Io più umilmente dico che Giavazzi scopre gli aiuti di Stato solo quando il suo cervello gli suggerisce che è una buona notizia e scopre l'ideologia solo quando la può affibiare a qualcuno che non sia lui.
Viene chiamato "responsabile" chi prima era ontologicamente in fallo (tralasciando il fatto che i responasbili nella Federal Reserve hanno una serie di colpe oggettive nella crisi economica), viene chiamata "ideologia" un modus agendi che si sbandiera solo in periodi di vacche grasse, adesso è solo ideologia (la differenza la sanno solo loro).
Qui non si tratta di sbattere in faccia la realtà dei fatti a persone che con spocchia cavalcavano l'onda globalizzante ed equa del capitalismo finanziario, qui si tratta di sviscerare quelle contraddizioni che, sperando siano sotto gli occhi di tutti, permettano a chi quelle idee non le ha mai cavalcate di alzare il livello delle rivendicazioni reali.
Non è tollerabile che chi, sia come agente operativo che come accademico, ha fatto sprofondare nel baratro milioni di famiglie in America e in Europa oltre a non pagare di tasca propria si rimangi due-tre frasette, incassi migliaia di miliardi pubblici derivati dal lavoro e dalla fatica di tutta la collettività e si rilanci come rinnovato traghettatore verso il futuro.
Chi ha sbagliato paghi, e non è solo una questione di soldi.
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